Meccanica analitica/La corda vibrante

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Il sistema della corda vibrante e l'equazione del moto

Per concludere la parte del corso che riguarda la meccanica nei formalismi lagrangiano e hamiltoniano, studiamo il caso interessante di un sistema a infiniti gradi di libertà: la corda vibrante. Studiando il modello, vedremo come, scrivendo l'azione del sistema, minimizzandola, si possono ricavare le equazioni del moto.

Per semplificare il nostro modello, consideriamo una corda orizzontale sovrapposta all'asse delle x, che viene tenuta tesa grazie a una tensione τ. La corda può oscillare nello spazio.

Il sistema è elastico, in buona approssimazione lo è perfettamente; questo vuol dire che, a ogni sollecitazione di tipo elastico (allungamento), il sistema restituisce l'energia potenziale accumulata, tornando alla posizione iniziale, senza dissipazioni. Per ciò che riguarda l'energia potenziale, posta l la lunghezza della corda a riposo, avremo che questa sarà pari, per la legge di Hook, a:

δU=τdl

La corda si trova nello spazio, e si muove nel tempo. Il nostro intento è studiarne la posizione al variare del tempo; preso quindi un punto della corda a riposo, che chiameremo x*, la posizione della corda può essere espressa come:

|x=x(x*,t)y=y(x*,t)z=z(x*,t)

Posto così, il sistema appare molto complicato da risolvere. Per poter semplificare lo studio, poniamo delle particolari condizioni che questo deve rispettare. In primis, assumiamo che la corda non compia grandi oscillazioni; questo si traduce imponendo che le oscillazioni nello spazio sia piccole a piacere, ovvero:

|xx*|l<ε|y|l<ε|z|l<ε

Ovviamente, le oscillazioni lungo le tre variabili sono normalizzate alla lunghezza della corda. Se ciò non venisse fatto, la scrittura |xx*|<ε avrebbe poco senso: le dimensioni fisiche non sono rispettate e ε ha poco significato. Una variazione di un metro è enorme, per una corda lunga due metri, ma è insignificante se la corda è lunga svariati chilometri (ammesso che esista). Normalizzare la variazione con la lunghezza effettiva della corda dà senso alla condizione che abbiamo posto.

La seconda condizione che andiamo a porre è quella che le deformazioni sono regolari, ovvero non presentano asperità o singolarità (come cuspidi o effetti simili); questo si traduce limitando le derivate delle deformazioni:

|(xx*)x*|<ε|yx*|<ε|zx*|<ε

Queste condizioni che abbiamo posto sulle deformazioni ci semplificano lo studio dei casi critici, come dei nodi non voluti e singolari durante il moto. Per semplificare invece lo studio generale, consideriamo che il moto sia piano e trasversale; questo si traduce con z=0t, ovvero il sistema si muove solo nel piano (x,y); affinché sia trasversale, poniamo che si muova solo lungo l'asse delle y: il punto studiato x* non oscillerà lungo l'asse x. Alla luce di queste considerazioni, possiamo sostituire la variabile x* con la generica posizione x, che resta costante nel tempo:

|x(x,t)=x*y(x,t)z(x,t)=0

In tutto ciò, inoltre, affinché abbia senso lo studio del moto, gli estremi della corda devono restare fissi (altrimenti diamo un impulso alla corda e ci troviamo a rincorrerla in giro perché è volata via); tutto questo si traduce ponendo y(0,t)=y(l,t)=0.

Tutte le condizioni che abbiamo imposto al sistema hanno una conseguenza interessante: compiendo piccole oscillazioni e rispondendo linearmente, il sistema avrà delle equazioni del moto lineari, il che non può far altro che farci piacere. Un esempio interessante di onde descritte da equazioni non lineari è il solitone, per chiunque fosse interessato. Passiamo ora allo studio vero e proprio del sistema.

L'energia potenziale l'abbiamo già espressa e definita. Per quanto riguarda l'energia cinetica, invece, abbiamo bisogno del contributo della massa. Approssimando la massa del filo come se fosse contenuta in delle palline (di dimensioni minime e massa uguale), numerate da un indice i=1,,N, possiamo descrivere il sistema come un sistema discreto a N gradi di libertà, dove N indica il numero di palline. Se adesso rimpiccioliamo le palline, aumentandone in numero, e portiamo N, otteniamo un sistema continuo a infiniti gradi di libertà, e l'indice i discreto diventa un indice dx continuo. Posta μ la massa per unità di lunghezza del filo, potremo quindi calcolarci la massa totale del filo.

Il sistema, allora, quali equazioni deve soddisfare? Per determinare ciò, ci scriviamo la lagrangiana, definita come L=TU. Nel caso discreto, questo avremmo potuto scriverlo come:

L=i=1N(TiUi,j)

Essendo noi passati a un sistema continuo, a infiniti gradi di libertà, le energie diventano due funzioni T(x) e U(x). Consideriamo ora la deformazione della corda. Nel caso statico, la deformazione ds=dx; se, invece, il sistema è in moto e deformato, possiamo approssimare la deformazione come:

ds=dy2+dx2=dx1+(yx)2

Poiché precedentemente abbiamo posto che il sistema compie piccole oscillazioni, ovvero |yx|<ε, possiamo sviluppare secondo Taylor l'espressione di ds:

dsdx(1+12(yx)2)

La variazione di energia potenziale vale quindi (posto ovviamente dl=dsdx, ovvero lo spostamento deformato meno lo spostamento statico):

dU=τ[dx(1+12(yx)2)dx]=τ12dx(yx)2

L'energia potenziale totale sarà la somma di questa variazione; essendo il sistema continuo, la sommatoria diventa un integrale lungo tutta la lunghezza della corda:

U=0ldxτ2(yx)2

Passiamo ora all'energia cinetica. L'infinitesimo di corda ha una massa pari a dm=μdx, per quanto detto prima. Quindi la variazione di energia cinetica sarà:

dT=μ2dx(yt)2

Dove vale, ovviamente, yt=vy, ovvero la velocità lungo y, che è l'unico asse su cui avviene il moto. L'energia cinetica totale diventa quindi:

T=0ldxμ2(yt)2

Ora osserviamo che sia l'energia cinetica che quella potenziale dipendono dalla traiettoria y(x,t) percorsa dalla corda. Sono, quindi, due funzionali, T[y] e U[y]. La lagrangiana del sistema sarà quindi:

L=0ldx[12μ(yt)212τ(yx)2]

Ricordando la definizione di azione, possiamo scriverla come:

A=t0t1dtL=t0t10l[12μ(yt)212τ(yx)2]dxdt

Per trovare le equazioni del moto, dobbiamo minimizzare l'azione, ponendo δA=0. Ricordiamo che gli estremi sono fissi, ovvero y(0,t)=y(l,t)=0, per cui anche le rispettive variazioni lo saranno, ovvero δy(o,t)=δy(l,t)=0. Inoltre, come facemmo nella dimostrazione del principio variazionale di Hamilton, poniamo:

δy(x,t0)=0δy(x,t1)=0

Facciamo adesso variare l'azione:

δA=t0t1dt0ldx[12μ((y+δy)t)212τ((y+δy)x)2]=0=t0t1dt0ldx[μytδytτyxδyx]=0

Ricordiamo ora come abbiamo dimostrato il principio variazionale; il fattore nell'integrale Lq˙δq˙ lo integravamo per parti. Anche qui ripetiamo lo stesso procedimento, ottenendo:

δA=0ldxμytδy]t0t1=0t0t1dt0ldxμ2yt2δy(t0t1dtτyx]0l=0t0t1dt0ldxτ2yx2δy)

Gli elementi integrati per parti sono nulli perché abbiamo posto le variazioni agli istanti iniziali e finali nulle (prima riga) e gli estremi fissi, con rispettive variazioni nulle (seconda riga). Otteniamo quindi l'espressione di δA:

δA=t0t1dt0ldx[τ2yx2μ2yx2]δy(x,t)=0

Dal lemma fondamentale delle variazioni, per un δy(x,t) arbitrario, l'integrale si annulla se il termine tra parentesi è nullo. Posto v=τμ, otteniamo finalmente l'equazione del moto d'onda:

2yx21v22yt2=0

Nota anche come equazione delle onde di d'Alembert. Nei prossimi paragrafi vedremo due diversi modi di risolvere questa equazione.

Onde progressive e regressive

Il primo modo che studiamo per risolvere l'equazione parte da un'osservazione preliminare: l'equazione è lineare. Quindi, prese due soluzioni, la loro somma è ancora soluzione dell'equazione. Allora, tramite un opportuno cambio di variabili:

|ξ=xvtη=x+vt

L'equazione diventa quindi 2yξη=0; in particolare, abbiamo che:

|η(yξ)=0ξ(yη)=0

Ovvero, possiamo scrivere y(ξ,η)=φ(ξ)+ψ(η), il che vuol dire anche che y(x,t)=φ(xvt)+ψ(x+vt).

Studiamo ora le due soluzioni φ,ψ. Prendiamo una particolare deformazione: la legge φ(xvt) ci dice che quella deformazione avanza lungo la corda all'avanzare del tempo, ovvero è un'onda progressiva. Al contrario, la ψ(x+vt) ci indica che una qualsiasi deformazione arretra lungo la corda, all'avanzare del tempo: è un' onda regressiva. Tuttavia, noi sappiamo che la corda non avanza o arretra, ma resta dove si trova oscillando verticalmente. Ne possiamo concludere che qualunque deformazione dipendente dal tempo è combinazione di due onde, una progressiva e una regressiva, il cui risultato è un'onda stazionaria.

Metodo di separazione delle variabili

Ora, invece, proviamo un approccio diverso. Cerchiamo una soluzione del tipo y(x,t)=G(x)F(t), ovvero la soluzione è prodotto di due soluzioni dipendenti solo da una delle due variabili in gioco. Andando a sostituire questo tipo di soluzione nell'equazione di d'Alembert otteniamo:

v22yx22yt2=0v2G(x)F(t)G(x)F(t)=0v2G(x)G(x)=F(t)F(t)

Poiché le due funzioni sono di diverse variabili, affinché sia valida l'equazione scritta devono essere entrambi i membri uguali a una costante C; in particolare, otteniamo il sistema:

|F(t)CF(t)=0v2G(x)CG(x)=0

L'espressione che risolve l'equazione per la funzione G è:

G(x)=aeCvx+beCvx

Studiamo i vari casi; se C>0, applicando la condizione al contorno G(0)=G(l)=0:

0=a+baeCvl+beCvl

L'unica soluzione possibile è quando i coefficienti si annullano, ovvero a=b=0, che ha poco interesse fisico. Ne consegue che deve essere C<0; possiamo allora scrivere C=ω2 per indicare un qualsiasi numero negativo; poiché C=ω2=±ıω, entrando nel campo dei complessi, la soluzione assume un carattere oscillante, ed è ciò cerchiamo per un'onda. Quindi l'espressione di G(x) può essere scritta, generalmente, come somma di un coseno e un seno (lo stesso discorso si fa per la funzione F(t)):

{G(x)=ccos(ωvx)+dsin(ωvx)F(t)=acos(ωt)+bsin(ωt)

Sfruttando ancora una volta le condizioni al contorno del nostro problema, ricaviamo i coefficienti:

G(0)=0ccos(0)+dsin(0)=0c=0

Ovvero possiamo scrivere G(x)=dsin(ωvx); applicando la seconda condizione G(l)=0, possiamo determinare la pulsazione ω (escludendo il caso d=0 in cui ricadiamo nella soluzione banale):

dsin(ωvl)=0ωvl=nπωn=vπnl

Otteniamo quindi G(x)=dsin(πnl); posto da=an e db=bn, otteniamo che una soluzione particolare dell'equazione differenziale risulta essere:

yn(x,t)=sin(nπlx)[ancos(vπnlt)+bnsin(vπnlt)]

Notiamo come questa abbia la parte spaziale sinusoidale: così facendo, ci siamo assicurati che agli estremi sia nulla. Supponiamo ora sia bn=0, così da poterci concentrare sul fattore sin(πnlx)cos(vπnlt); questa è un'onda stazionaria armonica, ovvero, al crescere di n, diminuisce il suo periodo, e aumentano i nodi che restano fissi; i nodi si trovano in posizione x=ln; nell'immagine seguente si vedono le prime otto armoniche di una corda. La prima armonica, in musica, viene anche chiamata armonica fondamentale.

Prime otto armoniche fondamentali di una corda. Si osserva il crescere lineare del numero di nodi con la crescita dell'armonica.

Il contributo del coseno, invece, ne modifica l'ampiezza, senza interferire sulla periodicità. La frequenza di oscillazione della corda è νn=nv2l. Se bn0, possiamo osservare che il seno è solo un coseno traslato, e quindi l'oscillazione dell'onda varia solo in ampiezza.

La domanda è: cosa hanno a che fare tutte queste funzioni trigonometriche con il metodo usato prima? Cioè, prese due soluzioni φ(xvt) e ψ(x+vt), cosa ha a che fare tutto ciò con le onde progressive e regressive? La risposta risiede nell'analisi di Fourier, chiamata anche analisi armonica.

Scegliamo una particolare deformazione iniziale y(x,0)=h(x), a cui corrisponde un rispettivo profilo di velocità y(x,0)t=k(t). Come descriviamo questa deformazione combinandole con la soluzione yn scritta poco sopra?

L'analisi di Fourier permette di decomporre una funzione in somme di onde elementari: ogni funzione (sotto opportune ipotesi) è in realtà una somma di seni e coseni. Consideriamo una successione di funzioni trigonometriche:

{sin(kπlx)cos(kπlx)

Con k=0,1,N. Queste funzioni sono tutte C e periodiche di periodo 2l. Queste funzioni trigonometriche rispettano le condizioni di ortogonalità, ovvero sono valide le seguenti espressioni.

lldxsin(kπlx)sin(kπlx)=0kklldxcos(kπlx)cos(kπlx)=0kklldxsin(kπlx)cos(kπlx)=0k,k

L'unico caso particolare è per il prodotto di coseni: se k=0, si ha che cos(0)cos0)dx=|ba|, ovvero, nel nostro caso, 2l.

Analizziamo un po' meglio tutto questo. Ricordiamo a tal proposito il generale prodotto scalare euclideo:

ab=i=1Naibi

Se N, l'indice i discreto diventa un indice continuo, e la sommatoria diventa integrale. Quindi il prodotto scalare diventa:

ab=lla(x)b(x)dx

Questo vuol dire che le tre espressioni scritte sopra sono prodotti scalari, e che quindi le funzioni sin e cos sono la base di uno spazio vettoriale a infinite dimensioni (noto anche come spazio di Hilbert), e l'integrale è il particolare prodotto scalare definito in questo spazio. Inoltre, sono anche una base ortonormale, ovvero si possono normalizzare le funzioni seno e coseno affinché il loro prodotto scalare sia unitario.

A questo punto, presa una funzione f(x) abbastanza regolare (ci basta che sia di classe C1), questa potrà essere scritta come somma di seni e coseni:

f(x)=n=0[ancos(nπlx)+bnsin(πnlx)]

Con i coefficienti an,bn univocamente determinati. Inoltre, se la funzione f(x) è pari nell'intervallo [l,l], questa potrà essere scritta come solo somma di coseni:

f(x)=n=0ancos(nπlx)

Allo stesso modo, se la funzione f(x) è dispari in [l,l], si può scrivere come sola somma di seni:

f(x)=n=0bnsin(nπlx)

Come si possono determinare i coefficienti? Ricordiamo che, preso un generico vettore V appartenente allo spazio, questo può essere scritto come una combinazione lineare della base ϕi dello spazio V=aiϕi. Per poter avere il coefficiente am si proietta il vettore sulla base, ovvero:

am=ϕmV=i=1Naiϕiϕm

Allo stesso modo, per poter avere i nostri coefficienti an,bn, occorre proiettare la funzione f(x) sulla base di seni e coseni. Per avere an, infatti:

am=lldxf(x)cos(mπlx)=n=0[anlldxcos(nπlx)cos(mπlx)+bnlldxcos(nπlx)sin(mπlx)]=aml

Il secondo integrale è sempre nullo, mentre il primo, se m=n, dà come risultato l, altrimenti è sempre nullo. Otteniamo quindi che

am=1llldxf(x)cos(mπlx)bm=1llldxf(x)sin(mπlx)

Per bm si è fatto lo stesso ragionamento fatto per am.

Possiamo adesso tornare al nostro discorso fisico, dopo questa breve parentesi matematica. Avevamo trovato una soluzione particolare:

yn(x,t)=sin(nπlx)[ancos(vπnlt)+bnsin(vπnlt)]

Prese infinite di queste soluzioni e sommate tra loro, otteniamo la soluzione generale:

y(x,t)=n=1sin(nπlx)[ancos(vπnlt)+bnsin(vπnlt)]

Ricordiamo che la parte spaziale è sinusoide perché si annulla agli estremi. Il nostro profilo di deformazione h(x) assomiglia a una funzione dispari, ma purtroppo vale solo nell'intervallo [0,l]. Allora, affinché sia una funzione dispari, possiamo prolungarla nel semiasse negativo, in cui sarà pari h(x); la funzione così ottenuta è dispari, e può essere scritta, secondo Fourier, come somma di seni:

h(x)=n=1Ansin(nπlx)

Dove

An=an=1llldxh(x)sin(nπlx)=2l0ldxh(x)sin(nπlx)

Questo perché il prodotto h(x)sin dà origine a una funzione pari, che quindi è simmetrica rispetto all'asse y.

Derivando ora l'espressione y(x,t) e imponendo t=0 otteniamo l'espressione di k(t):

yt|t=0=n=1bn(nπv)lcos(0)sin(nπlx)=k(x)

Chiamato Bn=bn(nπv)l, questo si può esprimere con lo stesso ragionamento di An:

Bn=2l0ldxk(x)sin(nπlx)

Da cui ricaviamo che

bn=Bnlnπv=2nπv0ldxf(x)sin(nπlx)

Abbiamo quindi trovato i coefficienti da sostituire alla soluzione generale trovata. L'analisi di Fourier, come visto, è uno strumento molto potente, che permette di risolvere tantissimi problemi fisici e di poter analizzare i fenomeni sotto un'ottica diversa. Template:Avanzamento