Meccanica analitica/Dinamica relativistica

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Dopo aver definito le grandezze fondamentali della cinematica, lo studio si sposta alla dinamica dei corpi in relatività. Procediamo con calma, ragionando su quel che abbiamo finora osservato. Possiamo iniziare col dire che i quadrivettori velocità e accelerazione sono ortogonali secondo Minkowsky, ovvero il loro prodotto scalare di Minkowsky è nullo U_A_=0. Poiché vale |U_|2=c2, possiamo anche scrivere:

0=d|U_|2dτ=dUUdτ=2UdUdτ=2UA=0

Ricordiamo che la derivata di c2 è 0 perché è una costante.

Detto questo, e ricordando che U è un vettore di genere tempo, la quadriaccelerazione A risulta essere di genere spazio.

Quantità di moto e energia a riposo

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Questa definizione è molto ambigua. Che senso ha descrivere la massa propria? Ovvero, la massa non è costante in ogni sistema di riferimento? Questa era l'ipotesi posta da Newton per poter studiare la dinamica degli oggetti, ma, in relatività, cade anche questo assunto: la massa varia in base al sistema di riferimento in cui la si misura. Passiamo alla definizione di quantità di moto relativistica.

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Note le coordinate della quadrivelocità, possiamo esplicitare le coordinate della quantità di moto. Le sue coordinate spaziali valgono:

Pα=m0vα1v2c2=vαm

Dove m è la massa vista da un altro sistema di riferimento, e si chiama massa dinamica o relativa. L'espressione generale è m=m01v2c2=m(v) ed è una funzione della velocità del sistema di riferimento in cui la si misura.

La componente temporale della quantità di moto, invece, vale

P0=cv01v2c2=cm

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L'energia a riposo indica che, solo perché esiste una massa, questa ha una sua energia a riposo. Questa energia, come possiamo notare, ha un valore molto alto. È stato sviluppato un modo per poterla sfruttare, ed è la fissione nucleare, che riesce a trasformare questa energia a riposo di atomi radioattivi in energia utilizzabile. Inoltre, l'espressione dell'energia a riposo ci dice anche che la massa è solo un'altra forma di esprimere l'energia.

Leggi del moto

Passiamo ora a studiare le leggi della dinamica che regolano il moto.

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Questa, se è nota la definizione operativa di K_, è già un'equazione del moto. Tuttavia, la definizione operativa della quadriforza non ci interessa. Ricordando che la teoria della relatività resta ancora una teoria deterministica (a differenza della teoria quantistica), possiamo passare dalla quadriforza alla velocità e alla forza classiche del nostro sistema di riferimento. Infatti:

K_=m0A_=m0dUdτ=m0dUdtdtdτ=m0dUdt11v2c2

Nell'ultima uguaglianza abbiamo sfruttato le trasformazioni di Lorentz per cui dt=dτ1v2c2. Da questa ricaviamo che:

K_1v2c2=m0dUdt

Vediamo ora le componenti spaziali:

Kα1v2c2=Fα=m0dUαdt=m0ddt(vα1v2c2)=ddt(m0vα1v2c2)

Formalmente, questa è uguale alla legge di Newton, con la sottile differenza che la massa dipende dalla velocità. Possiamo infine scrivere:

Falpha=ddt(m01v2c2vα)=ddt(Pα)

La componente temporale, invece, posto U_A_=0U_K_=0, vale:

U0K0UαKα=0k0=UαkαU0

Ricordando l'espressione di U0=c1v2c2, riprendiamo la generica espressione di K_1v2c2=m0dUdt e vediamo quanto vale questa per la coordinata temporale:

K01v2c2=m0ddtc1v2c2cK01v2c2=ddtm0c21v2c2=dEdt

Valgono sempre Uα=vα1v2c2 e U0=c1v2c2; da queste otteniamo che UαU0=vαc; il nostro obiettivo è sempre quello di esplicitare K0=UαU0Kα; andiamo a sostituire questo valore nell'espressione trovata qui sopra:

cUαU0(Kα1v2c2)Fα=dEdtvαFα=dEdt

Che è il rispettivo del teorema delle forze vive in meccanica classica. Notiamo anche che vαFα=vF ovvero il prodotto scalare euclideo. Abbiamo ottenuto due leggi fondamentali, simili alle leggi della meccanica classica:

Fα=dPαdtFαvα=dEdt

Ricordiamo che queste valgono nella teoria della relatività, dove abbiamo considerato E=m(v)c2.

Inoltre, ci sono due regole generali che dominano la dinamica relativistica: come la dinamica classica, valgono sia la conservazione della quantità di moto che la conservazione dell'energia, ovvero:

h=1nm0hU_h=h=1nm0hU_hh=1nmhc2=h=1nmhc2

La conservazione della quantità di moto, ad esempio, permette di rilevare le particelle neutre. La presenza dei neutrini, infatti, è stata ipotizzata proprio per una violazione della conservazione della quantità di moto: prima di affermare che non sia vero, infatti, si è ipotizzato che esistessero piccolissime particelle neutre, i neutrini appunto, che non fossero osservabili da rilevatori magnetici ma che prendessero una piccola parte della quantità di moto al decadere di una particella, così da equilibrare il totale. Template:Avanzamento