Meccanica analitica/Il problema della brachistocrona, elementi di analisi funzionale

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Il problema della brachistocrona è un famoso quesito risalente addirittura all'antica Grecia; il problema presentato è molto semplice: bisogna far giungere un grave da un punto iniziale (l'origine nell'immagine qui sotto) a un punto finale (il punto (a,h)) nel minor tempo possibile, ricordando che il grave è soggetto a forza peso. Qual è il percorso migliore che minimizzi il tempo impiegato? Ovvero, qual è il migliore scivolo?

Nell'immagine sono riportate alcune possibili traiettorie; in rosso una traiettoria simile a quella cercata

Come può immediatamente essere notato, questo problema non riguarda più il variare di una variabile, bensì varia la funzione. Scriviamo l'energia totale del sistema:

12m(v(x))2=mgz(x)

Dove z(x) è la traiettoria della curva seguita dal grave; da questa espressione ricaviamo che la velocità è v(x)=2gz(x); inoltre, poiché vale v(x)=dsdt, otteniamo la relazione dt=dsv(x). Analizziamo meglio lo spostamento infinitesimo ds, che vale ds=dx2+dz2; questo può essere anche scritto:

ds=dx1+(dzdx)2

Il tempo impiegato dal grave è dato da:

T=0Tdt=0Tdsv(x)==0Tds2gz(x)=0a1+(dzdx)22gz(x)dx

Come possiamo vedere, il tempo T è funzione della curva z(x) percorsa; sarà quindi T[z(x)]. Si indica con le parentesi quadre, e in matematica è un oggetto noto come funzionale: a seconda della traiettoria percorsa, T assumerà valori sempre diversi. Quello che noi cerchiamo è proprio il valore minimo, quindi dobbiamo minimizzare un funzionale. Come possiamo fare?

Elementi di analisi funzionale: variazione di un funzionale

Consideriamo la funzione (generica) L(q,q,t). Siano tutte le funzioni q(t)C2, con t(a,b); l'espressione q è la derivata prima della funzione, ovvero q=q˙(t)=dqdt. Chiamiamo:

I[q]=abL(q(t),q˙(t),t)dt

Questo è un funzionale della funzione q(t). Come varia I al variare di q? Scelgo la funzione q(t) come la seguente funzione particolare:

q(t)=q¯(t)+δq(t)δq(t)=αη(t)C2

Con le particolari condizioni al contorno η(a)=η(b)=0 e αdα, ovvero molto piccolo. Quello che sto facendo, in realtà, è semplicemente variare la funzione q(t) mantenendone fissi gli estremi, come nella figura seguente (in rosso q(t), in tratteggiato le η(t), mantenendo fissi gli estremi q(a)=A e q(b)=B.

Con la funzione q(t) così definita, il funzionale diventa:

I[q](α)=abdtL(q¯(t)+αη(t);q¯˙(t)+αη˙(t);t)

In questo modo abbiamo trasformato il funzionale in una funzione che dipende solo dal parametro α, perché q¯(t) è fissata. Di una funzione sappiamo scrivere la sua derivata, che sarà quindi:

δI=α(dIdα)α

La precedente notazione prevede α=dα perché, per come è presa q¯(t), il parametro α<<1 è molto piccolo; inoltre, l'indice basso della derivata indica che quella va calcolata per α=0. Quando I varia, ovviamente, introduciamo un α diverso da zero, quando invece α=0 si ha che q(t)=q¯(t). Al variare di α, quindi, variano sia I che q(t). Dalla precedente espressione possiamo calcolare δI:

δI=αabdt[Lqη+Lq˙η˙]=αabLqηdt+αabLq˙η˙dt

Il secondo membro lo integriamo per parti, ottenendo così:

δI=α(abdtLqη+[ηLq˙]t=at=babdtddt(Lq˙)η)

Ricordando che, per definizione, η(a)=η(b)=0, otteniamo l'espressione:

δI=αabdt((LqddtLq˙)η(t))

Per poter trovare un minimo, il nostro obiettivo, δI deve essere nullo, cosicché I resti stazionario. Allora deve valere:

δI=αabdt[(LqddtLq˙)η(t)]=0

Ricordiamo ancora una volta che η(t) è arbitraria, purché si annulli agli estremi. Esiste un lemma fondamentale del calcolo delle variazioni, che ora dimostreremo.

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La condizione necessaria e sufficiente affinché abϕ(t)η(t)dt=0 è che ϕ(t)=0. Che è sufficiente è banale, non perdiamo neanche tempo a mostrarlo; dobbiamo dimostrare che è necessaria.

Procediamo per assurdo. Sia η(t) arbitraria e ϕ(t)0, per esempio una sinusoide. In un periodo vale abϕ(t)=0. Allora prendiamo η(t) così definita:

η(t)={0t<ξ10t>ξ2(tξ1)n(ξ2t)mξ1<t<ξ2,con n,m>2

Questo supponendo che esisterà un ξ1<ξ<ξ2 tale che ϕ(ξ)0;ϕ(ξ)>0. Secondo queste ipotesi, per η(t) così definita (ricordiamo che è arbitraria), per ϕ(t)0, si ha che:

ξ1ξ2ϕ(t)η(t)dt0

Il che è contrario all'ipotesi del lemma, quindi, per assurdo, deve necessariamente essere ϕ(t)=0.

Quindi, per questo lemma appena dimostrato, affinché il funzionale resti statico deve necessariamente essere:

LqddtLq˙=0

Ciò significa che, dato un funzionale definito come sopra, di una funzione L(q,q˙,t), affinché questo resti stazionario la funzione considerata deve soddisfare questa equazione differenziale appena scritta, con le condizioni a contorno q¯(a)=A e q¯(b)=B.

Nel prossimo modulo vedremo come tutto ciò ha a che fare con quello che stiamo studiando. Template:Avanzamento